…e un?astensione per la morte: l?agonia dell?istituto referendario
Sicuramente una cosa è chiara: il clamoroso fallimento dei promotori dei quattro referendum sulla fecondazione assistita. Principale conseguenza che scaturisce dal flop è che alla prossima occasione i radicali e compagnia bella ci penseranno mille volte prima di lanciarsi in una campagna referendaria costosa e impegnativa, sia per le loro casse che per quelle dello stato che pagherà un esercito di scrutatori per aver assolto il gravoso compito di giocare a carte tutto il week-end.
Istituto molto caro agli svizzeri, il referendum nostrano ha subito una pesante battuta d?arresto nonostante sia il nobile padre della Repubblica, quest?ultima nata il 2 giugno del 1946 quando la monarchia del re mai regnante Umberto II cadde per un soffio. Nell?occasione l?affluenza fu allora notevole: 89%.
Quasi trent?anni dopo, nel 1974, i cittadini furono richiamati a votare sul divorzio; successivamente sul finanziamento pubblico dei partiti, poi sull?aborto, e fino alla fine degli anni ?80 l?affluenza alle urne fu sempre superiore al 70% e quasi sempre superiore all?80%. Tutti temi difficili ma non eccessivamente tecnici, al contrario della tendenza che si venne a sviluppare in seguito: quesiti di minore importanza (come quello del 1997 relativo al libero accesso dei cacciatori nei fondi altrui), sempre più frequenti e abbisognanti di una conoscenza specifica.
Il significato delle decisioni
L?articolo 75 della Costituzione della Repubblica Italiana sancisce esclusivamente come un diritto il voto al referendum, e non come un dovere al contrario delle elezioni politiche. Tutto ciò ha una logica limpida: sono obbligatorie le consultazioni fondamentali per la vita dello stato. Quindi, fugando ogni dubbio l?astensione è pienamente legittima, anche eticamente e per qualsiasi motivo:
· Strategia: allo scopo di non raggiungimento del quorum (il voto politico è strategico in parlamento e non c?è motivo perché non lo sia al referendum);
· Tema eccesivamente tecnico: il messaggio è quello di segnalare di non volere più essere sottoposti a quesiti eccessivamente specifici, al punto da faticare a distinguere i quattro referendum; qui trova giustificazione l?esistenza del quorum, in quanto chi si astiene non desidera che il cittadino comune prenda decisioni fuori dalla sua portata e ne ridelega la responsabilità al parlamento.
· Avversione verso l?istituto del referendum oppure protesta verso la politica in generale.
Purtroppo, pur non potendo discutere il risultato elettorale che rimane incontestabile, se vogliamo l?incoerenza nell?elettore nasce dal fatto che abbiamo perso per un periodo di tempo più o meno lungo un prezioso strumento per sconfessare la nostra mediocre e contestatissima classe politica. Infatti, chi aveva intenzione di evitare l?accantonamento dell?istituto referendario ha comunque messo la propria scheda nell?urna, barrando il ?no? o astenendosi.
Non stiamo a raccontarcela: è chiaro che in un campo in cui nemmeno gli scienziati trovano accordo nessun politico avrebbe potuto illuminarci tecnicamente. Ragionando in questi termini, si poteva affermare con una certa sicurezza che votare ?sì? avrebbe avuto un duplice risultato: conferire un?alta probabilità di riuscita ad avere figli a coppie che vivono il dramma dell?infecondità, e conferire una bassa probabilità a chi soffre di alcune patologie importanti di potere un giorno porvi rimedio. Attenzione: nel secondo caso stiamo parlando solo di una possibilità in più, e neanche immediata, che si sarebbe potuta rivelare vana così come sostenuto da una parte della comunità scientifica.
Il fronte del ?no? è staso sposato da chi non si fida della deriva degli esperimenti genetici, ma soprattutto non si fida delle autorità designate a controllare il rispetto delle regole, perchè qualora osservate difficilmente avrebbero portato alla degenerazione della ricerca e della pratica dell?inseminazione artificiale. Alla stessa stregua dell?articolo 4 della 194/78* sull?aborto, che se osservato non ne permette l?abuso. Rimane da dire che la sfiducia nelle istituzioni è certamente un timore giustificabile, ma è anche vero che se non c?è credibilità nelle autorità è possibile che la pratica prenda la via dell?illegalità.
Per quanto riguarda la posizione astensionista assunta dai vertici della Chiesa cattolica il discorso sarebbe lungo. Innanzi tutto la vittoria del ?sì? non avrebbe comportato una restrizione al comportamento secondo i dettami cattolici, ma è vero il contrario, e cioè che il mancato raggiungimento del quorum limita la libertà di scelta dei laici. Inoltre bisogna considerare una serie di fattori contrapposti, da cui scaturiscono responsabilità che ognuno si deve assumere: ad esempio, l?aver privilegiato il diritto alla vita al diritto ad avere una vita sana oppure la salute di un embrione alla salute di una donna. Dal Vaticano hanno comunque fatto sapere con fermezza che un buon cattolico non assassina embrioni. D?altronde un buon cattolico non consuma rapporti sessuali prematrimoniali. E non divorzia.
Ighliz
* Art 4. legge 194 del 1978: ?Per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 numero 405 (2), o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia (2/cost)??